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Napoli

L’università Federico II

L’università Federico II venne chiamata così nel 1987 dall’Imperatore svevo, re di Sicilia, che la fondò con la Generalis Licteris del 5 giugno 1224. Essa ebbe compiti legati alla sua origine regia: la formazione del personale amministrativo e burocratico della curia regis e la preparazione dei giuristi. La tradizione degli studi di diritto diventa infatti la caratteristica portante dello Stato meridionale. Questo stretto legame tra Stato e Università garantì l’autonomia di quest’ultima rispetto al potere pontificio anche nell’età angioina (1266-1443). IN seguito l’università (allora chiamata Studio) ebbe sorti alterne, chiusa più volte vide l?affiancarsi, sempre maggiore nel tempo, di scuole private, collegi ecclesiasitci, accademie. Questa presenza di un doppio sistema formativo (pubblico, privato) determina l’arretratezza dell’Università perchè ad essa veniva preferita la scuola privata. Al momento dell’unificazione italiana l’Universtià dovette essere rimodernata per rientrare nei tracciati unitari di una idea di unità anche culturale italiana. L’Università di Napoli in quest’ultimo ventennio dell?’800 e nel primo decennio del Novecento cresce di prestigio, sul piano scientifico, mentre sul piano giuridico ed amministrativo dovrà subire la conseguenza di forti limiti, per il superamento dei quali provvederà l’applicazione della Legge Gentile ed il radicale riordinamento che da essa deriverà all’Università italiana. Ma difficoltà strutturali, edilizie ed organizzative, si presentano sia negli anni precedenti che negli anni successivi la seconda guerra, che fa registrare grandi distruzioni subite dalla città, le quali colpiscono la stessa Università, violentemente offesa dall’incendio del 12 settembre 1943, provocato da truppe tedesche. Oggi l’Università Federico II, per dimensione, è la seconda del paese dopo quella di Roma, riunisce vari settori del sapere umanistico e scientifico e si estende in varie sedi variamente disposte nel territorio napoletano.

Il parco di Capodimonte

Il Parco di Capodimonte si estende su di un’area di 124 ettari vantando una collezione di alberi secolari di elci, querce, tigli, castagni, cipressi e pini. L’idea della sua realizzazione risale al 1734 quando Carlo III di Borbone pensò di edificare la sua reggia sulla collina di Capodimonte attorniata da un parco destinato a giochi di caccia. Nel 1737 acquisì il terreno e l’area adibita a uso agricolo venne trasformata ad attività prettamente venatoria. Il progetto fu affidato all’architetto Ferdinado Sanfelice che ultimò i lavori dell’impianto nel 1742. All’interno del Parco vennero costruite ulteriori fabbriche oltre al Palazzo reale, sempre su progetto del Sanfelice. Nel 1743 venne edificata la fabbrica di Porcellane con l’intento di creare una manifattura alla pari di Meissen. Questo edificio venne in seguito trasferito prima a Portici e poi al Palazzo Reale di Napoli. Per le maestranze della fabbrica venne eretta la Chiesa di San Gennaro nel 1745: struttura a pianta ellittica che presenta al suo interno due statue raffiguranti Carlo di Borbone e Maria Amalia di Sassonia e un dipinto di Francesco Solimena, situato nell’altare maggiore. Alcuni dei fabbricati furono edificati per la vita di corte come la Casina della Regina e la Palazzina dei Principi; altri invece riservati ad attività agricole e zootecniche quali la fagianeria, il cellaio e la vaccheria. Altri edifici erano destinati alle dimore dei contadini e guardiani. In origine l’impianto compositivo del parco seguiva lo stile del giardino all’italiana; nell’ottocento subì una graduale trasformazione seguendo le tendenze dell’epoca. Il botanico Federico Dehnardt, responsabile dell’Orto Botanico di Napoli, contribuì al riassetto del parco seguendo i canoni del giardino inglese, in particolare nell’area della Casina dei Principi, ubicata di fronte alla reggia. Vennero impiantate anche piante esotiche.

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