Italia

L’orrore nei musei

Ci sono dei momenti in cui il morale va a finire sotto i tacchi. Immagino sia capitato un po’ a tutti di viaggiare per l’Italia e ritrovarsi a bocca aperta, ad osservare paesaggi fantastici, monumenti di rara bellezza, vestigia di un passato grandioso… sarà capitato a tutti di visitare un museo italiano e di rimanere delusi dall’esperienza, sarà capitato a tutti di visitare un museo all’estero e di… rimanere altrettanto delusi!
Ricordo perfettamente la prima volta che sono stato a Londra. Avevo 14 anni ed ero più curioso di un gatto, volevo vedere tutto, visitare tutto. Mi sono infilato nei musei dei gioielli della corona e ricordo di aver pagato un capitale. Forse la mia paghetta di liceale quattordicenne non era adeguata per cui il costo dell’ingresso me lo ricordo sproporzionatamente alto, in ogni caso non era un museo gratuito, si pagava eccome per vedere… i gioielli della regina. Ricordo benissimo la delusione e di aver continuamente pensato girando tra le sale: tutto qui?
In Italia mi capita spesso la sensazione diametralmente opposta: musei che espongono oggetti di valore incalcolabile tenuti con incuria, non valorizzati, trascurati. Nei musei italiani non è rara l’assenza di un bookshop, di un bar o di qualsiasi altro servizio a pagamento, come se guadagnare qualcosa con la cultura fosse un peccato. Rari i cataloghi e le etichette che spiegano quello che si sta guardando, per non parlare di audioguide o altri aggeggi tecnologici, in questo caso forse i musei preferiscono fare una selezione del loro pubblico: se non conosci o non riesci a capire da solo quello che stai guardando te ne puoi anche stare a case.
Nel migliore dei casi la giustificazione è sempre la stessa: non ci sono i soldi. Ora su questo meraviglioso servizio dell’Espresso trovo la conferma di due mie vecchie idee:

  • musei e altri luoghi della cultura potrebbero essere dei centri di ricavo e non di costo. E non ci sarebbe niente di male.
  • in molti casi non è affatto una questione di soldi, per ristampare una targhetta che è stata strappata via non ci vogliono grandi investimenti ma solo un po’ di buona volontà

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